Lo spazzino e la rosa
- Marco D'Avenia
- 23 giu 2023
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 13 nov 2023
Michel Simonet lavora come spazzino a Friburgo, splendida città medievale e universitaria nel cuore della Svizzera francese. Sollecitato ripetutamente dai suoi amici, pubblica nel 2015 Une Rose et un Balai. Petit traité de sagesse d’un balayeur de rue, tradotto in italiano (benissimo) da Anna D'Elia e pubblicato quest’anno come Lo spazzino e la rosa, dall’editrice AnimaMundi di Otranto. Un volumetto prezioso. Perché?

Simonet, formazione commerciale alle superiori e studi universitari introduttivi in filosofia e teologia, svolge da qualche anno un lavoro d’ufficio (lavora “in vitro”, dice lui) quando, giovane marito di Claudine e allora in attesa del primo figlio (al quale ne seguiranno altri sei), sceglie una nuova occupazione, che lo catapulta letteralmente su un marciapiede, “in vivo”: ricorda un’esperienza da studente come sostituto estivo di spazzino municipale, capisce che proprio quella strada può essere “la sua strada” per la vita, il suo Beruf, parola tedesca che (da nativo zurighese ricorda) indica assieme ‘vocazione’ e ‘professione’. Un abito unico, tagliato su misura apposta per lui, che corrisponde perfettamente al suo carattere. Trentanove anni di matrimonio e trentasette di pulizia delle strade confermano nel tempo la sua un po’ inconsueta scelta di vita.
Sin dalla prima pagina del libro si capisce che il lavoro dello spazzino non è poetico in sé: a seconda dei luoghi e degli orari, per terra, nei parchi, nelle pattumiere “con la sorpresa”, si trova un po’ di tutto, ogni tipo di rifiuto, deiezione, rigetto e mélange, spesso sgradevole all’olfatto, alla vista, al tatto, al gusto e in qualche modo anche all’udito. E la narrazione precisa non fa sconti al naso. Michel comincia a percorrere le strade della sua piccola città quando fuori ancora è buio (sveglia alle quattro), con il suo carretto che si riempie poco a poco di rifiuti di ogni tipo, nel gelo (piovoso, nevoso o ghiacciato della ventosa Friburgo) o sotto l’impietoso sole estivo. Dopo qualche tempo, prende l’abitudine di mettere una rosa rossa sul suo carrello. L’accoppiata carretto (pattumiera/ramazza) e rosa rende ben presto questo tranquillo e simpatico spazzino urbano famoso in città (e fuori). Ma perché proprio una rosa?, gli chiedono in tanti. Per rispondere lui decide di scrivere questo delizioso volumetto, negli scampoli di tempo tra lavoro e famiglia. Ne viene fuori appunto un ‘piccolo trattato di saggezza di uno spazzino di città’. Simonet guida il lettore nel cuore della città in un percorso decisamente realistico e ruvido, scandito da orari e percorsi che da necessarie routine diventano rituali del quotidiano di un uomo che, anima, corpo e spirito, pensa, riflette, ascolta, sente, si emoziona, soffre, sorride. E spesso canta, «come una cicala che lavora come una formica», ovviamente tutto a suo tempo e luogo, mentre rimuove l’immondizia con gli strumenti archeologici del suo mestiere (ma anche con il tecnologico e ghiotto aspiratore Glutton). L’osservazione, la sensibilità e le emozioni si aggiustano a seconda dei ritmi della città e delle relazioni e aiutano a percepire cose e persone con il giusto respiro, a scoprirne il valore e a isolare con saggezza quello che è veramente importante. L’essenziale è visibile agli occhi. In questo modo, un’interiorità per carattere tranquilla, ricca e osservatrice, allenata anche nei tempi di silenzio e di preghiera, abbraccia le ore, i luoghi e gli eventi, i percorsi e gli incontri, e li trasfigura, portando alla luce significati profondi, antichi e nuovi. Dal canto suo, il mondo cittadino di incontri rituali dischiude a questa interiorità ‘olistica’ regioni sempre nuove di esperienza solitaria e condivisa, in un circolo di arricchimenti virtuosi. La vita interiore di Simonet si nutre abbondantemente degli umanesimi dei costosi classici della Pleiade (acquistati negli anni recuperando pazientemente quelli che una volta di chiamavano ‘vuoti a rendere’, «riciclando in cultura», cioè in una biblioteca di 400 volumi) e di un rapporto vivo con Cristo conosciuto personalmente nei Vangeli e nel dialogo personale con Dio. Tutto questo impregna di umanità concreta e di fede spontanea ogni situazione che lui incontra. Lo spazzino friburghese getta così nella spazzatura il pregiudizio di Aristotele che considerava il lavoro manuale roba da schiavi dal momento che non consente uno spazio di vita umano e la superiorità della contemplazione.

Nel contesto del lavoro avvengono incontri, nascono e s’intessono relazioni sempre nuove, con i colleghi, con i negozianti, con i turisti, con i passanti occasionali, con quelli che vivono sotto il cielo e al margine della società, con chi ha poco e niente, con chi è immerso nelle dipendenze, con chi vaga per le strade avvolto nei fumi alcolici delle feste notturne (i cui effetti sulla strada sono per lo spazzino l’incubo dell’‘indomani di ieri’). Lo spazzino attento e interlocutore umano marginale che con il suo essere naturalmente sottovalutato abbassa le barriere di difesa e i ritegni dell’autoconfessione, accoglie sempre e non giudica mai. Sostiene e incoraggia. A volte, consiglia. E apprende continuamente dagli altri, acquistando un sapere sul mondo che nella multiculturale cittadina svizzera può rendere superflui i viaggi ed esperienze nelle culture 'altre' (la famiglia Simonet, pur con il suo budget ridotto, ama comunque girare l’Europa in tutti i punti cardinali). Lo spazzino poeta si interroga sulle storie che ascolta, impara ad avere il giusto sguardo sulla gente che incontra, preparato da un atteggiamento di servizio che si rallegra di offrire una strada pulita a quelli che si risveglieranno tra poco, gioisce nell’alimentare la solidarietà nel quartiere, è felice di rendersi ambasciatore della propria città, visceralmente amata, ai turisti di passaggio. Tutto con ordine, giustamente, perché lui è «pagato prima di tutto per lavorare, non per parlare».

Così, la narrazione è tutto un succedersi di storie e di ritratti pittoreschi, commoventi, divertenti o dolorosi di caratteri e personaggi incontrati per strade, piazze, stazioni, mercati, nel centro della città o nei quartieri residenziali, di cui si rivelano i profondi e a volte commoventi mondi interiori. Tutto questo non è un semplice traboccare del cuore. Questa mistica del quotidiano richiede una vera ascesi, un’educazione esigente del corpo, dell’anima e dello spirito, degli affetti e della sensibilità, che consente in ogni momento la giusta ed efficace intelligenza della situazione e delle persone. Una vera ‘etica della strada’, una saggezza messa alla prova e raffinata nei pensieri che il suo libriccino raccoglie. Non generica ma profondamente personale e quindi universale. Semplice e mai semplicistica o sempliciotta.
Di certo lo spazzino non è un lavoratore qualificato, si colloca al margine persino dei lavori manuali perché in fondo non 'crea' né 'aggiunge' nulla al mondo. Il suo non è nemmeno propriamente un ‘lavoro umile’: se il frutto dell’umiltà proviene dal fecondo ‘humus’ che è il suolo fertile, che cosa può mai venire dal rifiuto spesso sterile e dall'immondizia? Eppure questo “re della strada” si paragona a un sacerdote che officia la sua liturgia di saggia bellezza e un ministro che, togliendo lo sporco, serve e santifica il tempio profano delle piazze e dei parchi; crea dunque, «crea una pulizia» (per forza di cose, “effimera”, da rinnovare continuamente con pazienza), che è un servizio a chi si sveglia in quella città, a chi la abita o semplicemente ci passa. Un dono perfetto, perché il più delle volte non ottiene nulla in cambio, neanche una parola di ringraziamento: anzi funziona proprio perché in sé non viene notato, perché non aggiunge, piuttosto mette in luce le cose così come devono essere. Dà alle cose tutto il merito. Del resto, «quando il mio supervisore mi chiama la notte, non è per dirmi che una strada è pulita!».

Lo spazzino cancella almeno provvisoriamente il rifiuto dalla città, dalla natura, dalle persone, che mai potranno essere solamente rifiuti o scarti. Nessuno merita di essere 'rifiutato'. In fondo, è San Paolo che ricorda ai cristiani di Corinto che la loro dignità è precisamente quella di ‘essere chiamati’ proprio da ciò che il mondo ha scartato. Il lavoro di Simonet è, soprattutto e radicalmente, servizio e lode silenziosa a Dio che rende presente nei meandri del centro città, della stazione e dell’affollato mercato del mercoledì, proprio come la gotica cattedrale di San Nicolas (il cui intorno è affidato alle sue cure giornaliere) che, ben piantata sulla terra, abitata dall’Eucarestia, si eleva con le sue guglie in una continua preghiera dal mondo al cielo: l’opera dello spazzino Simonet è per ciò «orizzontale nel gesto e verticale nel pensiero» ed è significativo che spesso, mentre spazza da solo, egli intoni un canto greco-bizantino della liturgia della Resurrezione, la sua opera è l’opera di Cristo che assume in sé il rifiuto che è il peccato (‘rifiuto di Dio’) e lo trasforma in gloria.
Ecco dunque la risposta alla domanda iniziale sulla rosa: la rosa sull’immondizia è quella bellezza e quella purezza che l’impegno per la ‘propreté’ rende visibile a sé e agli altri, dato che “ognuno è ciò che guarda” e quindi è fondamentale che ‘guardi bene’. Così, pur in mezzo ai rifiuti più maleodoranti e disgustosi, in mezzo alle storie e agli incontri umani di chi anche lui è diventato o si è fatto rifiuto, c’è sempre uno sguardo di tenerezza, di comprensione e di bellezza che accompagna, sostiene e risolleva, a volte solo per un momento, a volte per intraprendere una nuova vita.

Il libro incalza con le sue appassionanti storie e le sue tranquille, spesso divertenti, riflessioni, con uno stile che rimane sempre equilibrato e calmo, un po’ fiaba come il Petit Pouce, ingenuo come il piccolo Nicolas, poetico come il Piccolo Principe, spirituale come la piccola via di Teresa di Lisieux (tutti citati esplicitamente). La prosa dell’“ordinario” è resa “straordinaria” nel raffinato racconto poetico, che unisce «il linguaggio feriale con quello della domenica», tenendo in continuo equilibrio paradossi come l’immondizia e la rosa. In fondo, non è l’immondizia (ma nemmeno la rosa) la protagonista del libro, lo è piuttosto quello sguardo e quell’agire che vede e fa vedere la rosa nell’immondizia: «non è la felicità che manca ma la capacità di vederla», conclude. Nel raccontare, Simonet ama intrecciare delicati e sorprendenti giochi di parole, nella prosa musicale e nelle poesie che intervallano e danno rilievo e profondità al racconto. Tutto questo è un piccolo miracolo, per esplicita ammissione di un autore che fino a quel momento aveva redatto solamente i rapporti amministrativi di fine giornata e inviato qualche cartolina. La prima consequenza della lettura di un libro del genere è che non si potrà guardare la propria città come prima, pensando che ogni atto degli abitanti e dei passanti inconsapevolmente si appoggia su un servizio e richiede il servizio di qualcuno che ad oggi ha ancora le sembianze di un essere umano. Anche nelle linde ed efficienti città svizzere, dove la pulizia è un assodato stereotipo globale, sembra che le abitudini dei cittadini non siano poi così scontate e spontanee come si pensa e ci può essere dappertutto un Simonet nascosto che con tutti i suoi limiti la rende possibile. Ma questo in fondo vale anche in ogni ambiente di lavoro e di relazioni, cosa che rende il messaggio del libro saggezza e azione consegnata al lettore, qualsiasi lavoro egli faccia, appassionante e ruvido nelle modalità e nelle relazioni: perché non esiste un lavoro nobile e un lavoro banale, solo un lavoro ben fatto o fatto male. E quindi, come scrive Pessoa, «quello che fai, fallo straordinariamente bene”» fallo cioè con amore. Un libro da leggere, assolutamente (bastano poche ore) e da assaporare. E poi da rileggere.
Michel Simonet, Une Rose et un Balai. Petit traité de sagesse d’un balayeur de rue, Éditions Conférence, 2017; tr. it. di Anna D’Elia: Lo spazzino e la rosa, AnimaMundi, Otranto 2023, pp. 168, 15 € - 6,90 € (ebook)

Nel 2021 Simonet ha pubblicato un secondo libro: Un couple et sept couffins. Saga contemporaine d’une famille noumbreuse (Una coppia e sette culle. Saga contemporanea di una famiglia numerosa, sempre per le Éditions Conférence, non ancora tradotto in italiano) che racconta dell'altro lato, inseparabile e complementare, della sua vita quotidiana, le avventure di un matrimonio longevo e di una variegata famiglia con sette figli. Nell’ultima parte del libro, Lettres du littering (Lettere dalla spazzatura), si arricchisce il racconto professionale del libro precedente con nuove storie e nuovi personaggi.
P.S.: questa recensione è resa parziale dall’amore di chi scrive per una città che lo incanta e in cui ha vissuto a lungo e studiato. Che ha contemplato una bellezza resa evidente da uno spazzino che in quegli anni si levava al mattino prima di lui per fargliela vedere in uno scorcio o in un’aiuola.
Per chi volesse conoscere più da vicino Michel Simonet, segnalo il video di un incontro presso la fraternità di Romena l'8 luglio 2023
gli altri link rimandano a video in lingua francese,
a un documentario del canale YouTube Passez-moi le jumelle, The Street Sweeper with a Rose:
alla registrazione di un incontro del Café Literaire della Médiatèque Valais-Saint Maurice:
e all'intervista al canale televisivo cattolico KTO TV:
(qui con una particolare attenzione alla dimensione spirituale del suo lavoro),
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