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Prenditi cura di lei

  • Immagine del redattore: Marco D'Avenia
    Marco D'Avenia
  • 20 ago 2023
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 13 nov 2023





Kyung-Sook Shin (1963) è ritenuta la più grande autrice coreana vivente. È divenuta popolare in tutto il mondo con il romanzo (scritto su una falsariga autobiografica) che nell'originale si intitola Prenditi cura di lei, per favore.

Park So-nyo è un’anziana contadina sessantanovenne che vive in un paesino del meridione della Corea del Sud. Praticamente da sola ha cresciuto quattro figli, dal momento che il marito, un uomo incostante e superficiale, abbandonava spesso la famiglia per girovagare, a volte in compagnia di altre donne, per ritornare a casa dopo una stagione, o dopo qualche anno. Con una vita dura e sacrificata, nel corso del tempo condivisa con malattie diverse, è riuscita, lei analfabeta, a far studiare tutti i figli, incoraggiandoli a tentare una vita nella capitale Seul, a formare una famiglia propria e a realizzare delle carriere professionali che mettessero alla prova le loro aspirazioni e valorizzassero i loro talenti. La sua seconda figlia, la maggiore delle figlie, è una scrittrice. Anche Kyung-Sook Shin è la maggiore delle sue sorelle ed è scrittrice.


Ogni anno Park So-nyo dal paesino si reca a Seul con il marito, per festeggiare assieme ai figli il compleanno del marito e il suo. Quando i due scendono dal treno nell'affollata stazione di Seul, il marito, voltandosi, non la trova più dietro di sé. Inizia la ricerca affannosa da parte dei figli. Nel tentativo di ipotizzare i luoghi dove potrebbe essere finita, ciascuno dei familiari ripercorre la storia della madre, ognuno nella propria testa. E questo il motore della narrazione. Significativamente, in un'intervista alla CNN, l'autrice ha dichiarato di aver impiegato ben trent'anni per scrivere questo romanzo. «Ci ho messo così tanto a scriverlo perché il mio concetto di "madre" è cambiato molto in tutti questi anni. Ho dovuto pensare a lungo e con sofferenza a mia madre in quel periodo e ho scoperto che pensare a tua madre di fatto vuol dire riflettere su te stessa».

Tutti insieme, marito e figli, mettono insieme i pezzi di un mosaico, di cui però non colgono pienamente il senso, perché di fatto nessuno di loro sapeva realmente chi fosse quella donna che era per loro moglie o figlia, per decenni.


Tutto il romanzo è centrato sulla cura, sul “prendersi cura” degli altri, o meglio di qualcuno. Prendersi cura di una persona vuol dire farla fiorire, consentire lo sviluppo profondo dell’altro e dei suoi talenti. Ci possono essere tante forme di cura e di attenzione nelle relazioni. In particolare, la donna provvede al benessere materiale della propria famiglia, risolve problemi, assiste nelle malattie. Ma tutto questo, evidentemente esigente in termini di tempo e di fatica, servirebbe a poco se non ci fosse una modalità originaria della cura, che è la forma di tutte le altre azioni di cura, materiale e spirituale. È il voler prendersi cura di quella persona concreta, l’adoperarsi per voler bene a quella persona più di quanto lei ami se stessa. «Perché sei un essere speciale, ed io avrò cura di te», cantava Franco Battiato ne La cura. Questa cura è un atteggiamento gratuito di apertura all’altro. Gratuito perché affidato a una libertà gratuita, quella di chi cura, che con la gratuità apre uno spazio di disinteresse nelle relazioni. E, più “banalmente”, gratuito perché non ha bisogno di risorse, ma solo di una scelta libera. In questo senso, è significativo il titolo originale che al "prendersi cura di lei" aggiunge un "per favore": la cura non si può comandare, si può solo suggerire, domandare, chiedere silenziosamente. Non è solo cura che risolve i problemi ma cura che li previene. È come un mantello che avvolge l'altro.


Questo sguardo e questa sollecitudine è quella che fa sentire l’altro protetto, non giudicato, incoraggiato a muoversi (1). Tutti i personaggi del romanzo possono dire che hanno capito chi sono perché la madre si è presa cura in modo speciale di ciascuno di loro, secondo i suoi talenti e i suoi limiti, nei sogni, e nelle paure nei successi e nei fallimenti.


Le relazioni, e in particolare la relazione coniugale e quella familiare, vivono di questa cura reciproca, di questo mutuo appartenersi e proteggersi. La relazione coniugale comincia con l’innamoramento, si consolida nell’amore, si compie nella cura vicendevole. Tutte le altre modalità di cura rendono concreta e visibile questa forma, che si traduce in tanti atti, piccoli e grandi, spesso ripetitivi e nascosti, a volte pregni di una magica sorpresa. La cura plasma le vite, le relazioni. Plasma anche la casa, la rende consueta e accogliente, grazie agli oggetti ma non per gli oggetti.

La cura punta alla persona singola, a «un essere speciale» e alla sua crescita. Per questo, la cura è in primo luogo un rapporto a due. Un marito e una moglie, una madre con una figlia, un fratello con un altro fratello. La cura che anima la famiglia è un equilibrio di cure “duali”, una rete di esclusività che si fa inclusiva. La cura sana un’antinomia che oggi sembra irrisolvibile.


La cura sa fare i conti con la libertà dell’altro, perché, muovendo dallo spazio gratuito della libertà di chi cura, genera uno spazio di libertà in chi è curato. Deve salvaguardare questo spazio di vita comune, per poter albergare l’intesa, la maturazione, il giudizio, la possibilità del perdono. La fiducia. Può guidare, accompagnare, mai costringere o sostituire, fisicamente o anche psicologicamente. Sa lasciare andare, nelle varie tappe della vita, come ha fatto Park So-nyo. A volte si sperimenta la propria impotenza, il non poter prendersi cura, come si vorrebbe o del tutto, come può essere nel caso di una grave malattia. Deve affidarsi allora all’attesa, a una speranza umana o, per chi crede, a una speranza ulteriore.

La cura, ed è questo il motore del racconto, è la via per conoscere le persone. Solo chi si prende cura conosce veramente l’altro, sa chi è. Senza la cura, si descrivono i comportamenti esterni di membri della specie umana, e spesso anche quelli non si comprendono. È questo il percorso che fa ciascuno dei personaggi del racconto, analizzato grazie a una originale forma di narrazione. È un rileggersi singolarmente in una relazione personale e un ricostruire assieme il patrimonio della relazione familiare. Tutto questo, senza quella (provvidenziale?) scomparsa, non sarebbe stato possibile. Non si sarebbe mai compreso appieno il proprio cognome e nemmeno il proprio nome.


Qui non si parla di una qualche intuizione, che pur c’è. Si capisce che è un impegno lungo una vita, che richiede saper ascoltare, saper parlare quando è bene farlo, sviluppare l’immaginazione e l’empatia. Sarebbe però un errore affidarlo solo ad alcune persone, essendo una dimensione essenziale di ogni persona e di ogni relazione, tutti, con i loro talenti e i loro limiti, devono metterla in atto, pena il fallimento delle relazioni e anche il fallimento personale.

Prenditi cura di lei è una meditazione sull'essenza della famiglia e delle relazioni in genere. È un libro utile in un'epoca di relazioni liquide, nella quale spesso la famiglia è considerata il prodotto di modalità patriarcali di organizzazione sociale, che risultano oppressive, possono essere terreno di abusi forti al pari della forza del legame familiare e quindi generare profonde ferite. La famiglia oggi è vista come luogo di trasmissione di eredità trans-generazionali dannose dalle quali bisogna liberarsi. Senza nulla negare di tutto ciò, anzi (e il romanzo non fa sconti in questo senso), bisogna però evitare il solito rischio di “buttare il bambino con l’acqua sporca”. Con tutti i limiti, inevitabili, delle persone coinvolte, con tutte le fragilità delle relazioni in atto o precedenti nel tempo, la famiglia è per tanti una fonte di fioritura umana e di libertà. La cosa fondamentale e necessaria è il prendersi cura reciproco. Questo è il sereno e semplice messaggio di Prendersi cura di lei. Per favore.

Kyung-Sook Shin, Prenditi cura di lei, Collana Le Tavole d’Oro, Neri Pozza, Vicenza 2011, pp. 304, € 16,00 (ebook € 6,90)


Della stessa autrice, sono tradotti in italiano Io ci sarò, Sellerio, Palermo 2014, pp. 328, € 12,80 (ebook Kindle € 9,99) e La danzatrice di Seul, 2019, Piemme, Milano pp. 370, € 33 (ebook Kindle € 9,99)


(1) Continuando con La cura di Battiato:

«Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore Dalle ossessioni delle tue manie Supererò le correnti gravitazionali Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

E guarirai da tutte le malattie Perché sei un essere speciale Ed io, avrò cura di te».


 
 
 

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